"Quartett" da H. Müller - Crebillon fils - C. de Laclos
con Livia Carli e Gianni Oliveri
            Adattamento e drammaturgia di Matteo Tarasco
            Aiuto Regia: Iole Dibernardo
            Regia: Matteo Tarasco
          Produzione: Lo Spazio Vuoto
Quartett fu scritto nel 1982 da H. Müller e fu definito “una metastasi,   un fiore malato” nato dal corpo classico del romanzo di Choderlos de   Laclos “ Les liasons dangereuses”, scritto nel 1782 alla vigilia della   Rivoluzione francese 
Il tempo è uno dei temi di Laclos: ammazzare il tempo, ieri la   principale occupazione di un’aristocrazia al tramonto, quanto oggi, a   due secoli di distanza, sembra voler suggerire Müller, di una borghesia   che ha del pari esaurito la sua funzione storica, perduto ogni slancio   vitale. In questo atto unico, ulteriormente adattato dal regista Matteo   Tarasco, i due protagonisti ovvero la marchesa di Merteuil e il visconte   di Valmont sono condannati a ripetere in eterno il loro gioco erotico   di seduzione attraverso continue metamorfosi, divenendo, in un crudo   vortice di identità perdute e ritrovate, ora carnefici, ora vittime, ora   uomo, ora donna.
I due soli interpreti sulla scena agiscono attraverso una girandola di   personaggi e un continuo scambio di ruoli, dapprima Merteuil e Valmont,   successivamente Valmont, Madame de Tourvel e la giovane Volanges, per   poi riprendere i ruoli dei due protagonisti;  un continuo gioco delle   parti,  che accresce l’ambiguità di un rapporto che è anche uno scontro   tra i sessi. 
Testo di grande attualità in una società  condannata dal bisogno   dell’apparire e dall’incapacità di accettare il corso naturale   dell’esistenza.
“Potremmo raccontare la storia dell’uomo nei secoli come il perenne   conflitto tra due istanze contrapposte: tradurre in immagini fantastiche   la realtà, o, al contrario, tradurre in realtà la fantasia.  In questo   percorso d’individuazione, il Teatro è stato sempre strumento principe,   luogo di scoperta e contenitore di racconti di miti, specchio   dell’essere umano. 
Già gli antichi Greci sapevano, grazie alla lezione di Eraclito, che “la   natura ama nascondersi”.  E pertanto, considerando la Natura come madre   di Verità, cercarono, attraverso il Teatro, uno specchio capace di   coglierne i riflessi, una eco di quella visione interiore profonda di   cui l’essere umano è portatore. 
Il Teatro è uno sguardo sull’essere e, in quanto sguardo, nessuna immagine speculare lo può contenere. 
La magia del Teatro è insita nella sua fuggevolezza: quando ci   specchiamo, vediamo la nostra immagine, ma non lo sguardo che la   determina. Lo sguardo, come il Teatro è dietro l’immagine che vede, ama   nascondersi, come la natura di Eraclito, e pertanto, forse, la vera   essenza dell’essere umano, il vero sé, è al di là dell’immagine, oltre i   confini della visione, nell’immaginazione appunto, in tutto ciò che noi   chiamiamo fantasia. 
Il Teatro ci rimanda un residuo di visione sull’essere, ci mette in   contatto con la sua invisibilità, e indicibilità, che il più delle volte   non si lascia percepire, o sembra marginale. 
Il Teatro contiene un margine essenziale di non-detto, entro cui si cela   il nostro essere, e, mediante l’uso della maschera, induce l’uomo a   rapportarsi con emblemi del sé che lo connotano, lo caratterizzano e lo   inducono a trovare un’identità. La maschera funge da catalizzatore   d’istanze inconsce presenti nell’essere umano, per quanto non mai   esercitate o esercitabili. 
Pensiamo ad esempio all’eroe tragico Amleto, che si dimena e si lacera   sul limite dell’”essere” (e del “non essere”) ed esprime tutto questo in   due versi: “Il tempo è fuor di squadra, maledetta dannazione/ essere   venuto al mondo per rimetterlo in sesto.”
Mettere in scena Quartett di Heiner Müller, significa esser consapevoli   di tutto questo, significa sfidare, sulle assi del palcoscenico,   l’essenza più profonda del proprio essere, significa cercare di   rimettere il mondo in sesto, come novelli Amleto, con l’arma tagliente   del Teatro. 
Il nostro Quartett è una sfida lanciata agli spettatori: una sfida a   valicare il confine dello specchio, una sfida a spogliarsi della   maschera per offrirsi nudi al cospetto di Verità.”
 Matteo Tarasco


